Unipol insiste, allineare gli incentivi fiscali a favore della sanità integrativa

Unipol, in un articolo su La Mia Finanza lancia le sue proposte per una riforma del sistema di assistenza.

Nell’assistenza sanitaria, scrive giustamente, l’Italia è tra i paesi con le minori disuguaglianze nello stato di salute generale della popolazione. Ci sono eccellenze, ma anche gap e inefficienze, come i tempi di attesa, e il bisogno sempre più forte di salute causato dall’aumento dell’aspettativa di vita.

E allora, come sosteniamo fortemente anche noi, serve un aiuto per il Servizio Sanitario Nazionale, che può essere dato dalla sanità integrativa. Ma la situazione, così com’è, non va bene alle assicurazioni. Il problema? Le agevolazioni fiscali.

“Cosa si può fare per mettere definitivamente in moto un percorso virtuoso in tal senso? È necessario definire un framework sostenibile e una nuova universalità “selettiva” che garantisca le prestazioni indispensabili e incondizionate per determinate fasce di popolazione, riguardo alle quali il presidio pubblico deve rimanere centrale, e ampliando l’ambito di intervento delle forme sanitarie integrative, con riferimento alle prestazioni alle quali già oggi si ricorre in maniera significativa mediante spesa “di tasca propria”. “Nell’attuazione di questo programma, il riordino delle forme integrative rappresenta un passaggio fondamentale. L’assetto attuale è caratterizzato dalla presenza di diversi operatori con servizi, standard di trasparenza e tutele verso gli iscritti non sempre confrontabili tra loro. Per rendere il mercato più efficiente, promuovendo un’effettiva competizione, è necessario innanzitutto allineare, come è avvenuto per la previdenza, gli incentivi fiscali a favore dell’assistenza integrativa, correggendo un’asimmetria che attualmente penalizza i prodotti assicurativi e, in generale, le forme individuali di copertura.

Non si capisce perché le assicurazioni vogliano ricevere gli stessi benefici di società non a scopo di lucro. Le società di mutuo soccorso erogano i loro servizi tenendo come primo obiettivo la salute del socio. Non il profitto personale. Non ci sono clienti, ci sono associati, che partecipano alla vita e alle attività della società. Sicuramente, la “quota” investita dal socio per il sussidio sanitario non sarà utilizzata per arricchire qualcuno che dalla sua esigenza di salute vuole ricavare un profitto personale. Diventare socio significa tutelare la salute propria e contribuire a tutelare quella degli altri. Solitamente, i premi sono in funzione dell’età, dell’indennità mensile definita al momento della sottoscrizione del contratto, di eventuali limitazioni nella durata del beneficio fornito e di periodi di carenza. Il rischio aumenta con l’età, e quindi i premi saranno tanto più elevati quanto maggiore è l’età di ingresso in polizza. C’è una bella differenza con le mutue, che non applicano alcuna discriminazione con l’erogazione del sussidio.

Quindi, la sanità integrativa come pilastro affiancato al SSN va bene, benissimo. L’integrazione pubblico/privato è il futuro. Ma le distinzioni devono  essere mantenute. Il terzo settore non centra e non centrerà mai nulla con il mondo assicurativo. Forniscono sussidi, non polizze. Perseguono finalità di interesse generale, non personale. Non il profitto.

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