È stata recentemente presentata l’indagine annuale realizzata da Health Consumer Powerhouse. Il rapporto EHCI 2016 analizza sei aree (Diritti dei pazienti e informazione, accesso alle cure, risultati trattamenti, gamma servizi, prevenzione e l’uso di prodotti farmaceutici), sulla base ai dati statistici sanitari ufficiali ed alle valutazioni dei cittadini. I risultati sono per noi abbastanza sconfortanti: la sanità italiana in Europa è solamente al 22° posto in Europa, sotto Paesi Bassi, Svizzera e Norvegia (che occupano i primi posti della classifica), ma anche lontana da Germania (settima), Francia (undicesima) e Regno Unito (quindicesima). A confermare questi dati, che comunque certo non stupiscono, vista la tendenza rilevata negli ultimi anni, ci pensa il rapporto annuale “Ospedali e Salute” di Ermeneia e AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata), giunto alla quattordicesima edizione. Dall’indagine emerge che in Italia il numero di cittadini che rinuncia alle cure è in costante aumento. L’assistenza sanitaria è sempre meno accessibile agli utenti, che si ritrovano così costretti a pagare costi sempre più alti per le loro cure.
In questo contesto, il ruolo della sanità integrativa è sempre più importante. E Rbm Salute, nella persona del suo consigliere delegato, Marco Vecchietti, non ha perso l’occasione, certamente ghiotta, per rilanciare sull’avvio del secondo pilastro sanitario. Un pilastro che – a parere suo – dovrebbe vedere le assicurazioni al centro.
“L’avvio di un secondo pilastro sanitario non può continuare ad essere considerato un tema relativo al welfare contrattuale, ma va valutato come una garanzia fondamentale per garantire il mantenimento della sostenibilità sociale del sistema sanitario del nostro Paese”. Sante parole, dott. Vecchietti. Un secondo pilastro per la sanità è assolutamente necessario per ridare centralità al diritto alla salute dei cittadini, garantito spesso in troppe occasioni solo sulla carta, dalla nostra Costituzione.
E ancora, continua Vecchietti: “l’eccellenza delle cure è troppo dipendente dalla capacità dei cittadini di permettersi la sanità privata come supplemento alla sanità pubblica. Occorre lavorare quindi alla costruzione di un secondo pilastro sanitario aperto su base regionale che integri i Livelli Essenziali di Assistenza del Sistema sanitario regionale garantendo una protezione aggiuntiva per tutti i cittadini senza distinzioni di attività lavorativa, reddito, condizione sociale”.
Non fa una piega, concordo in tutto e per tutto con Vecchietti. Del resto, dal 2009, la spesa sanitaria non è variata. Ma la popolazione che necessita di assistenza è sempre di più, con l’aumento del’immigrazione, e con l’aumento dell’aspettativa di vita. Si stima che nel 2050 più del 33% della popolazione avrà più di 65 anni. Certo il Servizio Sanitario Nazionale non può supportare una situazione del genere. Non lo può fare nemmeno nelle regioni più virtuose, figuriamoci in tutte le altre. È assolutamente necessario dare ai cittadini una alternativa alla sanità privata, un supporto che integri l’assistenza pubblica: la sanità integrativa Le società di mutuo soccorso possono svolgere alla grande questo ruolo. Senza scopo di lucro, garantiscono assistenza sanitaria a tutti, senza alcuna distinzione, nemmeno di età. Diventare socio di una società di mutuo soccorso significa non solo avere assistenza, ma anche entrare in un mondo in cui a fare da padroni sono valori importanti quali la solidarietà e l’aiuto reciproco. Non si arricchisce nessuno, non c’è alcuna azienda che trae profitto. L’unica cosa che conta è la salute dei cittadini. Per dare respiro al SSN Il futuro, ormai è chiaro, è la sanità integrativa. Ed è ora che finalmente se ne parli, che tutti sappiano che c’è la possibilità di sottoscrivere un sussidio sanitario, garanzia di cure e assistenza.
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