Secondo pilastro della sanità: cosa pensano i nostri politici? Nel corso del Welfare Day, organizzato da Rbm Salute lo scorso 7 giugno, sono intervenuti diversi esponenti dei vari partiti: c’è stata una apertura nei confronti della sanità integrativa, anche se forse sono mancate idee concrete.
Ha detto il sottosegretario alla Salute, Davide Faraone: “Dobbiamo iniziare a pensare a un nuovo welfare e la collaborazione e la sinergia tra pubblico e privato sono elementi indispensabili”. “Nella sanità dobbiamo tuttavia tagliare sprechi e costi. E poi si deve lavorare molto sulla prevenzione. Uno dei principali obiettivi del ministero è lo sviluppo della prevenzione ed è un aspetto che deve svilupparsi in collaborazione con i ministeri dello sport, dell’agricoltura e della scuola”.
La sanità integrativa – ha sottolineato il sottosegretario – è un tassello “indispensabile”. “La società sta cambiando e non possiamo restare fermi. Il principio di universalismo sta diventando una ipocrisia”.
Ma progetti e proposte concrete scarseggiano.
Secondo Federico Gelli, responsabile sanità del Pd, “Abbiamo sette tipi di sanità integrativa e 21 sistemi sanitari. La prossima legislatura dovrà interrogarsi se il sistema può continuare su questa strada”. Dopo la riforma del 1999 “si deve fare un tagliando al servizio sanitario e dobbiamo fare autocritica sulla riforma del titolo V. Le differenze nella sanità sono aumentate”. La sanità integrativa può svolgere un ruolo importante “per superare le differenze tra i sistemi sanitari regionali”. Tuttavia, è necessario definire ciò che deve garantire il servizio pubblico. “Personalmente ritengo che il Ssn debba garantire la parte complessa della sanità, l’alta specialistica e la chirurgia d’urgenza”. E “dobbiamo considerare che con le precedenti riforme era già prevista la valorizzazione della sanità integrativa ma non è stato fatto nulla”.
“Non dobbiamo arrenderci alle liste d’attesa. Regioni come Emilia Romagna e Veneto hanno affrontato il problema producendo risultati”, ha commentato la senatrice Donata Lenzi, del Pd. Secondo la parlamentare la spesa privata in sanità va integrata “ma l’Italia non è la Germania o la Francia. Il nostro Ssn costa poco e produce molto. Più che prendere modelli dall’estero occorre definire un vestito che va bene per la nostra realtà”. E per il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli “più che sposare modelli esteri dobbiamo affrontare con decisione lo sviluppo del secondo pilastro”.
Giovanni Mionchiero (Civici Innovatori) ha invitato “a non sposare i dogmi. Il timore è di indebolire la sanità pubblica. L’universalità è un elemento da difendere”. Anche per Luigi Lettieri di Direzione Italia è necessario concentrarci sul Ssn che “produce molto e costa poco rispetto ad altri paesi. Ci sono criticità che vanno affrontate abbandonando la strada del populismo. Ci sono 8 regioni che non garantiscono i Lea mentre aumenta l’offerta privata. Non condanno il privato ma la politica deve definire regole, vigilanza, costi delle prestazioni per disciplinare il secondo pilastro”.
E ora attendiamo solamente i fatti…
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