Come sono nate le Società di Mutuo Soccorso? Forse si sa ancora toppo poco di questo mondo, che in realtà esiste da più di un secolo, e che ha davanti a sé un grandissimo potenziale per il futuro.
Si tratta di associazioni senza scopo di lucro, nate nella seconda metà dell’Ottocento, per colmare le lacune e le carenze dello stato sociale e tutelare i lavoratori dagli infortuni e dalle malattie. La mutualità è quindi una forma storica di solidarietà, che negli anni ha mantenuto la sua impostazione originaria. Anzi, ha confermato la sua vocazione solidaristica, rivolgendosi soprattutto al mondo del welfare e della sanità, in maniera integrativa e complementare al Servizio Sanitario Nazionale.
Le società di mutuo soccorso si reggono su alcuni principi di base:
- la volontarietà: l’adesione (e la dimissione) dei soci è libera e volontaria;
- il principio delle porte aperte: la mutua non seleziona i suoi soci, si rivolge a tutti i cittadini;
- le Società di mutuo soccorso svolgono la loro attività esclusivamente per i soci e tra i soci;
- gli aderenti ad una Società di mutuo soccorso sono soci e non clienti;
- il socio è parte attiva della collettività associata e concorre alle decisioni attraverso la partecipazione agli organi societari;
- solidarietà: la mutua è una terza via tra lo Stato e il privato, una risorsa per il cittadino e una risposta ai suoi bisogni sociali.
Le prime Società di Mutuo Soccorso sono nate a partire dalle rivoluzioni del 1848, soprattutto in Piemonte e in Liguria. Non esisteva legislazione sociale, i diritti e la tutela dei lavoratori non erano minimamente contemplati.
Il maggiore sviluppo si verificò in Piemonte, perché lì il “mutualismo” poteva contare sulla libertà di associazione prevista dallo Statuto Albertino del 1848. Le società operaie nate nel Piemonte sabaudo erano soprattutto emanazioni paternalistiche, sorte con l’appoggio delle autorità o di esponenti borghesi estranei al mondo del lavoro. Le società della Liguria subirono invece l’influsso di Giuseppe Mazzini, rappresentarono invece una forza per l’organizzazione democratica con funzioni di propaganda politica. E infatti, Giuseppe Mazzini può essere considerato uno dei padri del movimento solidaristico-mutualistico del nostro Paese.
Il 15 aprile 1886 fu promulgata la legge 3818, il primo atto legislativo (modificato poi nel 2012) che disciplina la costituzione ed il funzionamento delle Società di Mutuo Soccorso, una delle prime concessioni alla libertà di associazionismo nel nostro Paese. La normativa dettava le condizioni alle quali le società avrebbero dovuto attenersi nei rapporti con lo Stato e con le sue istituzioni: il soccorso ai soci come finalità, il risparmio come mezzo, la mutualità come vincolo.
L’articolo 1 imponeva l’obbligo di “assicurare ai soci un sussidio, nei casi di malattia, d’impotenza al lavoro o di vecchiaia; venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti”. L’art. 2: “Le società di mutuo soccorso potranno inoltre cooperare all’educazione dei soci e delle loro famiglie; dare aiuto ai soci per l’acquisto degli attrezzi del loro mestiere ed esercitare altri uffici propri delle istituzioni di previdenza economica”.
Negli ultimi anni dell’Ottocento le società di mutuo soccorso crebbero rapidamente e in pochissimo tempo diventarono una realtà diffusa su tutto il territorio nazionale.
Dopo il 1870, con la nascita di nuove professioni si diffusero sempre di più società di mestiere, che erano in grado di raccogliere un numero di iscritti limitato ma sufficiente a garantire forme di assistenza economica ai lavoratori e anche spesso di sviluppare attività collaterali di servizio.
Molte società avviarono attività di microcredito per l’acquisto di attrezzi da lavoro e di beni di prima necessità, attività ricreativo-culturali e scolastiche per i soci ed i loro familiari e soprattutto iniziative nel campo dell’abitazione, dando vita a imprese edificatrici cooperative, e del consumo, grazie alla realizzazione di spacci alimentari. L’obiettivo principale era garantire derrate alimentari e case a buoni prezzi, per proteggere il potere d’acquisto dei salari.
Principio fondamentale era la difesa dai rischi legati all’attività lavorativa (malattia, invalidità, infortunio, disoccupazione o morte). Il bisogno del singolo era ripartito tra molti ed il diritto al sussidio era automatico, garantito dal versamento di quote mensili, che alimentavano un fondo autonomo. Le risorse non utilizzate venivano accantonate a beneficio delle future generazioni. Il fine era la mutualità intergenerazionale.
Con gli scioperi e le manifestazioni di piazza di fine Ottocento e inizio Novecento, lo stato liberale fu indotto ad assumere il ruolo di garanzia e tutela del lavoro e dei salari: furono istituite, tra le altre, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro per i lavoratori dell’industria, la Cassa nazionale di previdenza per invalidità e vecchiaia, l’Istituto nazionale delle assicurazioni, che rappresentava il superamento delle forme tradizionali dell’associazionismo mutualistico in favore di schemi assicurativi in grado di garantire maggiore controllo da parte dello Stato.
Il 5 settembre 1900 nacque la Federazione italiana delle società di mutuo soccorso (dal 1912 “Federazione italiana delle società di mutuo soccorso e delle casse e degli istituti di previdenza”), poi sciolta con decreto prefettizio nel periodo fascista, e ricostituita nel 1948, accogliendo le società di mutuo soccorso sopravvissute, e assumendo la denominazione di Federazione italiana della mutualità (Fim). Dopo il congresso del 1984 divenne Federazione italiana della mutualità integrativa volontaria (Fimiv).
Con la prima guerra mondiale ci fu un declino delle Società di Mutuo Soccorso, soprattutto economico. E con l’avvento del fascismo, molte vennero sciolte, o incorporate in altre organizzazioni.
Tra il 1925 e il 1926 la gestione della previdenza sociale fu definitivamente sottratta alle società di mutuo soccorso e l’unico referente divenne l’Istituto nazionale di previdenza sociale; le società operaie rinunciarono una dopo l’altra alla gestione delle casse-pensione per i soci e anche alla facoltà di amministrare autonomamente l’assistenza sanitaria ai propri iscritti, dovendo ricorrere obbligatoriamente al sindacato medico fascista per la nomina del medico sociale.
Durante il ventennio fascista molte società operaie si sciolsero oppure si fusero in una strategia difensiva estrema. La seconda guerra mondiale fece il resto.
Nel secondo dopoguerra, la copertura sanitaria dei lavoratori fu affidata ad enti mutualistici nazionali obbligatori e di categoria, diversificati per livelli contributivi e assistenziali, certo ben lontani dal concetto di volontarietà delle adesioni e di integrazione espresso dalle società di mutuo soccorso.
Nel 1978 nacque il Servizio sanitario nazionale: assistenza sanitaria uguale per tutti i cittadini. Gli enti mutualistici furono soppressi e i relativi beni e personale dipendente inglobati dal sistema sanitario pubblico. La mutualità volontaria non fu toccata dal provvedimento, perché liberamente costituita e avente finalità di erogare prestazioni integrative dell’assistenza prestata dal Ssn.
Ma rimanevano forti difficoltà a garantire i servizi a livello territoriale i costi del sistema pubblico erano sempre più alti. Fu così, che si arrivò alla legge n. 502 del 30 dicembre 1992 che introdusse la costituzione di fondi sanitari integrativi finalizzati alla erogazione di prestazioni aggiuntive rispetto a quelle del Ssn.
La legge n. 229 del 16 luglio 1999 ribadì la razionalizzazione del Ssn per “assicurare una assistenza sanitaria di qualità, efficiente ed efficace a tutti i cittadini, nel rispetto dei principi della dignità della pesona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse”.
Questi interventi legislativi riconoscono alle società di mutuo soccorso il ruolo istitutivo e gestionale dei fondi sanitari integrativi. Dal 2000 quindi, le Società di Mutuo Soccorso si sono rivolte anche verso l’assistenza sanitaria integrativa. Al 31 dicembre 2006 alla Federazione Italiana della Mutualità Integrativa Volontaria (FIMIV) aderivano 146 Società di Mutuo Soccorso. Successivi interventi legislativi hanno contribuito negli ultimi anni a chiarire ulteriormente il quadro e a definire la fiscalità, ma di questo ci occuperemo in un altro post.
Oggi, secondo una ricerca realizzata poche settimane fa dall’Associazione Isnet, che per prima fotografa questo mondo, ci sono in tutta Italia 1114 Società di Mutuo Soccorso, ma solo 509 possono dichiararsi attive, perché svolgono attività non occasionali in favore dei soci che versano una quota annuale. Le altre svolgono per lo più una attività saltuaria.
Insomma, le Società di Mutuo Soccorso rappresentano un pezzo della storia italiana. Ed ora, i tempi sono maturi per un rilancio. Sono la storia, ma anche il futuro.
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