Il business della salute. Chi sono i signori della “white economy” (Corriere Economia-Corriere della Sera)
Di Stefania Tamburello (6/3/2017)
Colpa delle file, forse. L’allungamento dei tempi di attesa per le prestazioni del servizio pubblico sanitario può essere, secondo gli esperti, la motivazione principale del ricorso degli italiani alla sanità privata, che comunque va assumendo un ruolo crescente nel panorama nazionale.
È salita a 34,5 miliardi di euro nel 2015, 3,2 miliardi in più di due anni prima e a utilizzarla negli ultimi anni sono stati più di 10 milioni di persone.
Il fenomeno non è sfuggito, certo, a chi di mestiere offre soluzioni per attutire i costi del rischio, del danno come della malattia. Le assicurazioni insomma, che stanno rivedendo le strategie per prendere l’onda dei cambiamenti della società e per sviluppare la cosiddetta “White economy”, l’economia bianca. Quella dell’assistenza e cura delle persone quando sono malate o quando – e ce ne sono sempre di più – invecchiano o diventano non più autosufficienti. Sulla sanità i mutamenti sono già evidenti, anche se il cambio di passo lo potranno dare i meccanismi, tecnologicamente avanzati, per misurare il rischio – dalla telemedicina al wellness tracking – che sono ancora in via sperimentale.
L’andamento crescente delle polizze salute, che attualmente rappresentano un mercato da 2,2 miliardi di euro, è misurato dagli ultimi dati diffusi dall’Ania, l’associazione che rappresenta il settore.
Le cifre, relative al primo semestre 2016, rivelano non solo la costante crescita dei premi e la assoluta prevalenza delle polizze collettive. L’assicurazione sanitaria integrativa infatti sembra essere diventata il benefit più richiesto dai lavoratori dipendenti che le aziende, private e pubbliche, assecondano, contribuendo al pagamento dei premi anche grazie alle facilitazioni fiscali esistenti. Le polizze collettive rappresentano oltre il 70% della raccolta totale, mentre il rimborso delle spese mediche è di gran lunga il profilo più richiesto, anche nei contratti individuali.
Tutto chiaro dunque? Non proprio perché si sta assistendo a un riposizionamento dei protagonisti del mercato assicurativo mentre è in atto una battaglia di tariffe e mentre si acuiscono le tensioni sul diverso trattamento normativo riservato ai vari enti erogatori di assicurazioni, che sono circa 70.
Già, perché accanto alle assicurazioni operano i fondi e le casse sanitarie, nonché le società di mutuo soccorso che hanno regole di vigilanza diverse, più severe le prime, più lasche le ultime. Le compagnie peraltro agiscono molto spesso utilizzando i fondi e le casse, che solo in pochi casi (per esempio la Fasi dei dirigenti d’azienda e la Casagit dei giornalisti) si muovono in autonomia. Sulla parte opposta ci sono le società di mutuo soccorso, senza scopo di lucro, molto diffuse, ad esempio, nel mondo cooperativo. Quanto all’offerta di pacchetti sanitari, il limite delle assicurazioni, a differenza dei fondi e del mutuo soccorso, sono i profili di rischio dei clienti e quindi la esclusione dei portatori di malattie croniche e degli anziani, la cui assistenza viene ridimensionata a volte in modo drastico anche nei contratti collettivi di lungo termine, al compimento dei 75 o degli 80 anni di età.
Già questo basterebbe per dare il segno delle difficoltà che si trovano nel mappare il mercato dell’assicurazione sanitaria integrativa. Ma c’è la giungla delle tariffe e dei premi – che vanno dal contributo stracciato di 300 euro a persona per anno a 900 euro e più – a complicare il quadro del settore.
Ma chi sono i protagonisti del business? In testa alla classifica per l’ammontare dei premi riscossi ci sono le Generali, con quasi 541 milioni di premi, il 25,25% del totale per il comparto malattie, tallonate da Unipol Sai con più di 526,3 milioni di premi, il 24,57% del totale. Al terzo posto, con premi per 319,2 l’outsider del settore che in pochi anni ha scalato la classifica arrivando al terzo posto. Si tratta di Rbm salute, nata nel 2011 con l’acquisizione di Dkv da parte di RbHold di Roberto Favaretto che tramite il controllo del network di fondi, assicurazioni e casse sanitarie, Privimedical, assiste i dipendenti di gran parte del settore bancario e di grandi enti e istituti come Banca d’Italia, Eni, Enel, Fininvest, ma anche alcuni ministeri. Il suo punto di forza sono le polizze collettive, ma l’espansione della sua presenza è stata accompagnata anche dal primato per quel che riguarda la salute, dei reclami, che toccano il 9,56% del valore dei premi.
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