E dalle assicurazioni arriva “Assi”, un fondo no profit. È uno scherzo?

Il 12 ottobre si è svolto a Milano l’Health Insurance Summit, un evento dedicato al settore delle assicurazioni sanitarie. Tra le altre cose, è stato presentato anche il rapporto dell’Osservatorio Consumi Privati in Sanità di Sda Bocconi.

Non ho avuto il piacere di partecipare, ma ho letto online diverse notizie interessanti su quanto si è detto in quella sede…

Si è chiaramente parlato delle carenze del Servizio Sanitario Nazionale, di quanto costi al cittadino curarsi privatamente, e di sanità integrativa. In media ogni italiano spende 570 euro all’anno per curarsi, cifra ovviamente da sommare alle tasse già versate per sostenere il nostro sistema pubblico. Le liste di attesa, le forti differenze nelle strutture e nelle prestazioni tra nord e sud, o tra regione e regione, il costo dei ticket, purtroppo sono problemi che conosciamo ormai tutti molto bene.

Vecchietti di Rbm Salute, in queste settimane attivissimo nel proporre l’istituzione del cosiddetto “Secondo Pilastro” da affiancare al Servizio Sanitario Nazionale, ha anche ieri rincarato la dose. Addirittura ha annunciato la nascita di un nuovo “prodotto”: Assi, acronimo di Assicurazione Sanitaria Sociale Integrativa.

“Il trend di spesa legato alla non autosufficienza della popolazione anziana viene ora sostenuto dalle famiglie, che ne coprono il 43% del totale,  il disgregarsi del nucleo tradizionale della famiglia però è destinato a ridurre la rete di solidarietà che ha concesso a milioni di italiani di permettersi delle cure e, allo stesso tempo, il deficit finanziario dello Stato non appare in grado di poter sostenere questa spesa crescente”, ha detto Vecchietti. La nostra proposta di affidarsi ad un Fondo Sanitario No Profit, equo e inclusivo abbraccia un nuovo modo di approcciarsi a questo problema, andando a creare non solo un supporto economico agli assicurati, ma anche promuovendo la loro salute ricorrendo a protocolli di prevenzione e fornendo il supporto medico necessario all’identificazione e alla gestione di un corretto percorso di cura. La promozione di uno stile di vita sano e la diffusione di programmi di prevenzione e diagnosi precoce, sono in grado di garantire un ritardo dell’insorgenza delle patologie di circa 10 anni, con un potenziale risparmio del 30% dei costi sanitari: un atteggiamento managed-care, che si può mettere in atto ad esempio attraverso incentivi economici a chi sceglie strutture più efficienti, monitorando la durata dei ricoveri, fissando le franchigie nelle prestazioni extra-ospedaliere e negoziando tariffe agevolate nei casi sanitari ad alto costo”.

La proposta è quindi quella di istituire un fondo no profit. Si sono svegliate le assicurazioni? O stanno semplicemente cercando di “ammorbidirsi” un po’, di “camuffarsi” quasi, dietro a quel “sociale”? Magari per ottenere un trattamento differente a livello di fisco? O perché tutto d’un tratto hanno deciso di rinunciare allo scopo di lucro e alle selezioni all’ingresso?

Fa piacere comunque vedere che stanno cercando in un modo quasi maldestro di scimmiottare ciò che le società di mutuo soccorso fanno già da un bel po’ con successo.

Diamo a Cesare ciò che è di Cesare: Vecchietti ha ragione quando dice che è necessario creare un “pilastro” vero e proprio da affiancare al Servizio Sanitario Nazionale. Ma la risposta sono le Società di Mutuo Soccorso, non le Assicurazioni.

Se è vero che ogni italiano spende ogni anno 570 euro per curarsi, è altrettanto vero che può investire gli stessi soldi in un sussidio sanitario: non solo coprirebbe tutte le cure di cui necessita, ma anche molto di più. Permette a tutti di fare una seria prevenzione. Insomma, è una vera e propria garanzia del diritto alla salute!

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One thought on “E dalle assicurazioni arriva “Assi”, un fondo no profit. È uno scherzo?

  1. Complimenti alla giornalista che con estrema chiarezza e coraggio ha evidenziato il diverso ruolo e finalità svolto delle mutue, nei confronti delle assicurazioni che cercano, con escamotage, di essere protagonisti nel secondo pilastro della sanità integrativa, dove non possono essere incluse!

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