L’OCPS, Osservatorio Consumi Privati in Sanità di SDA Bocconi School of Management, ha realizzato una ricerca, per conto di RBM Salute, per analizzare come stiano cambiando il mercato e i prodotti dell’Assicurazione salute e come tali trasformazioni possano configurare nuove forme di integrazione tra sistemi pubblici e privati. Lo studio ha coinvolto cinque Paesi (Francia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo e Italia), molto diversi tra loro ma che però condividono una importante presenza pubblica nel sistema sanitario.
I dati emersi sono sicuramente interessanti, e possono aiutarci a comprendere il futuro ruolo della sanità integrativa e delle società di mutuo soccorso.
Come ha evidenziato la ricerca, la spesa sanitaria intermediata dalle varie forme di sanità integrativa ammonterebbe nel nostro Paese a circa 4,4 miliardi di euro, su circa 33 miliardi di spesa sanitaria privata e circa 112 miliardi di spesa sanitaria pubblica. Un fenomeno in espansione, che coinvolge già oggi più di 10 milioni di italiani.
La ricerca era commissionata da un’assicurazione, per cui si è chiaramente concentrata sul ruolo delle compagnie assicurative e sulle nuove forme di copertura privata comparse negli ultimi anni. Tuttavia, anche se le assicurazioni stanno cercando di evolvere, offrendo ai cittadini nuovi servizi, cercando di entrare in una prospettiva di promozione attiva della salute tra i clienti, restano sempre dei soggetti che hanno come primo obiettivo il profitto.
“Il tema principale al quale dobbiamo rispondere non è se vogliamo un sistema pubblico o privato, ma quello di come in un sistema con una forte base di risposta pubblica ai bisogni di salute riusciamo a integrare efficacemente un insieme di risorse e meccanismi privati che insistono sulla stessa area di bisogni. In termini più concreti: come fare in modo che i più di 30 miliardi (di spesa privata) che la società nel suo complesso investe in quelli che ritiene essere bisogni di salute siano ben spesi”, ha affermato Mario Del Vecchio (OCPS). “Non appena abbandonate le poche posizioni strettamente ideologiche ancora presenti sul tema pochi dubbi dovrebbero esistere su una prospettiva tendenzialmente multi-pilastro anche nel nostro Paese, e sull’opportunità di incrementare la quota dei consumi intermediati sui consumi sanitari privati. Lo spostamento da out of pocket a spesa intermediata consentirebbe di abbassare il rischio residuo (rispetto al SSN) che grava sui singoli, considerata la loro debolezza nel momento del bisogno, e, inoltre, di organizzare processi collettivi per consumi che rimangono fortemente segnati da asimmetrie informative”.
La spesa Out of Pocket ha una fortissima influenza sulla spesa sanitaria privata, ammonta ad oltre l’87%. Ogni italiano spende privatamente per le cure sanitarie circa 580 euro (al Nord Est si raggiungono i 700 euro. “Questa situazione palesa il forte problema di ‘sottoassicurazione’ del nostro Paese in questo campo che genera una scopertura dei cittadini italiani di oltre il 40% rispetto alla media dei cittadini degli altri Paesi Europei”, ha detto Vecchietti di Rbm. “Il nostro Paese non si è ancora dotato di un adeguato sistema di sanità integrativa che attraverso un terzo pagatore specializzato (Fondi Sanitari e/o Compagnie Assicurative) sia in grado di ridurre l’impatto economico di tali cure sanitarie acquistate privatamente sui redditi della popolazione. È fondamentale pertanto mettere a punto una nuova strategia per la Sanità in Italia che rilanci un’alleanza pubblico – privato affiancando strutturalmente al Servizio sanitario nazionale un secondo pilastro sanitario ancillare ed aperto a tutti i cittadini. Attraverso un’intermediazione globale di una quota rilevante della spesa sanitaria privata attualmente già sostenuta dagli italiani, infatti, potrebbero essere recuperate per il sistema sanitario delle preziose risorse aggiuntive che potrebbero essere impiegate nel campo dell’innovazione scientifica, dell’accessibilità alle cure e della prevenzione”.
Condividiamo l’idea e la proposta di Marco Vecchietti: l’affermazione del secondo pilastro e quanto mai necessaria per il nostro Paese. Le società di mutuo soccorso in questo devono svolgere un ruolo di primo piano, mantenendo sempre saldi i valori su cui si basano e tenendo sempre al primo posto e come primo obiettivo la salute dei cittadini. Devono puntare sugli aspetti che le differenziano dalle compagnie assicurative, sul fatto che non vendono polizze, ma cercano soci, a cui garantiscono assistenza e cure per tutta la vita. Le società di Mutuo Soccorso – checché se ne dica, operano in un sistema regolamentato. Non servono nuove leggi, o regolamentazioni, già ci sono, e tengono ben divise le mutue, no profit, dalle compagnie assicurative. Oltretutto, aderire ad una società di mutuo soccorso permetter di godere di agevolazioni fiscali. Basta solo informare i cittadini dell’esistenza di questa possibilità: la spesa out of pocket può essere investita in un sussidio sanitario, risparmiando e ottenendo così assistenza per la vita, con la possibilità di fare adeguata prevenzione e di accedere alla diagnosi precoce.
Condividi su: